Segesta
Segesta, l’antica rivale elima di Selinunte, si presenta come un’assenza, un labirinto di rovine, in cui emergono, ai due estremi del monte Barbaro, due magnifiche “cattedrali”: il tempio dorico e il teatro. Negli ultimi tempi, importanti scavi condotti dalla Soprintendenza di Trapani hanno portato alla luce consistenti resti dell’antica città, in prossimità del teatro.
A quattro chilometri da Calatafimi, il grande tempio si erge solitario nella sua maestosità aristocratica. Perfettamente conservato, non fu mai completato e non si sa esattamente il motivo: se per scelta deliberata legata a un culto indigeno sconosciuto o, più probabilmente, a causa di una minaccia imminente. L’interno, all’aperto, soprattutto nelle giornate primaverili, risuona dell’eco del canto dei grilli ed è attraversato da una luce abbagliante che filtra tra le colonne, creando giochi di ombre sul terreno. Gli studiosi attribuiscono il tempio a un abile architetto greco, e qualcuno ha affermato che “si confronta con il Partenone nella raffinatezza dei suoi dettagli”.
Insieme a Erice ed Entella, Segesta (o Egesta) fu uno dei tre principali centri della popolazione elima e divenne anche il più potente, famoso per le sue sorgenti solforose e terapeutiche. Gran parte di ciò che sappiamo sulla sua storia riguarda le continue dispute con Selinunte per i confini del fiume Mazzaro. Fu oggetto di frequenti contese tra Greci e Cartaginesi e si alleò con uno o l’altro a seconda delle circostanze e della situazione di potere. Tuttavia, la posizione di Segesta era vulnerabile e facilmente minacciata, e il suo destino fu segnato dalla sua debolezza in modo poco glorioso.